Da questa interazione nasce una comunicazione tra l’utente e il creatore. Tutto il suo lavoro prende forma rispettando una serie di norme derivate dalle condizioni esistenti. Ad esempio la “Tavolozza di colori” che appare su uno dei grattacieli di Manhattan è realizzata con vernice scartata in quel dato giorno e la stessa superficie fisica del tetto determina la forma del dipinto. Quindi l’arte di Molly è un arte del riciclo e i colori iperaccesi vengono recuperati un po’ dove capita. Del resto lei stessa ama dire che nulla si spreca e che i suoi più grandi maestri sono gli artisti dell’Arte Povera come Alighiero Boetti, al quale si sente molto vicina. I materiali poveri rappresentano per Molly una fonte d’ispirazione e una sfida nell’ideare qualcosa di bello partendo dal nulla. Le sue creazioni nascono nel suo appartamento dove su grandi lenzuoli di cotone fa le prove visibili per come organizzare il suo lavoro una volta salita in alto. Nonostante le sue opere non siano particolarmente complicate di lei mi ha colpito la vivacità dei colori utilizzati e l’originalità nel realizzarle. E soprattutto sono stata catturata dalla sua filosofia di vita e dal motto dominante nel suo lavoro: “Don’t freak out”, comunque vada divertiti, non perdere la testa.
giovedì 11 novembre 2010
L’arte satellitare di Molly Dilworth
New York è sicuramente una di quelle città in cui la Street Art è padrona di casa e dove la sperimentazione artistica non si limita alle sole gallerie d’arte o ai musei. Camminare per le strade e i quartieri di New York significa ammirare le opere di Swoon e le sue rappresentazioni di figure allegoriche e di personaggi comuni o quelle di Revs che decorano le strade ma anche i tunnel della metropolitana nel quartiere di Brooklyn. E c’è anche chi, non temendo le altezze, ha deciso di arrampicarsi sui grattacieli della grande mela per decorare le vaste terrazze di questi alti palazzi con colori brillanti e vivaci. Stiamo parlando di Molly Dilworth, giovane artista newyorkese, dotata di un’eccezionale fantasia visionaria che l’ha spinta a dar vita a opere visibili solo dall’alto.