lunedì 13 dicembre 2010

Blu, lo strano caso del murales censurato

L'artista ha visto cancellare il murales appena realizzato a Los Angeles: era inappropriato. Ed è scattata la polemica sulla libertà d'espressione





Blu, il grande artista murale marchigiano viene chiamato dal Moca (il grande museo di arte
contemporanea di Los Angeles) per illustrare uno dei suoi muri, in occasione di una mostra dedicata alla street art prevista per il 2011. Solo un giorno dopo la conclusione dei lavori, il Moca cancella tutto.

Cos'è successo? Ci è voluto un po' prima di avere una giustificazione ufficila della decisione, che suona così: 

Il Museo d'Arte contemporanea è collocato in un luogo storico, speciale. Davanti al muro nord [quello affrescato da Blu, ndr] c'è il Go for Broke Monument, che commemora il ruolo eroico dei soldati americani giapponesi che combatterono in Europa e nel Pacifico durante la seconda guerra mondiale; e davanti a quello sud c'è l'ospedale dei veterani di Los Angeles. Il direttore del museo ha spiegato a Blu che in questo contesto, dove il Moca è un ospite della comunità giapponese in America, il lavoro è risultato inappropriato.


In effetti, Blu ha disegnato una serie di bare da morto coperte da banconote invece della classica bandiera d'onore. Un'opera di grandissimo impatto ma anche un po' controversa, almeno a prima vista – sebbene le intenzioni di Blu non fossero certo quelle di infangare la memoria dei morti di guerra.


Il direttore del Moca, Jeffrey Deitch, ha poi invitato nuovamente Blu a Los Angeles per realizzare un altro murale – qualcosa “ che invitasse le persone a entrare”. Netto il rifiuto dell'artista, che ha motivato le sue intenzioni in una lettera, fotografo della street art newyorkese. 

Nel dettaglio, Blu ha specificato di 
non aver ricevuto richieste di bozzetti e di avere lavorato nella massima libertà espressiva. L'opera è stata cancellata da Deitch al momento del suo ritorno in città dopo una fiera, proprio mentre Blu stava per ultimarla. 

Una volta tornato in Italia, l'artista ha ricevuto un'email dal direttore che lo pregava di firmare un documento dove spiegava i motivi della cancellazione, “ 
al fine di calmare le accuse di censura”. Blu si è rifiutato, sostenendo che a sua volta si sarebbe trattato di “ auto-censura

Conclusione della lettera: okay l'interpretazione di Deitch, che però non era l'unica, ed è stata presa senza aver avuto alcun reclamo ufficiale. 

Reazioni? Diverse. Il pubblico non sembra aver gradito molto, visto che a Los Angeles è apparso un poster raffigurante Deitch alle prese con un “rullo censore” di vernice bianca. Da tutto il dibattito, ciò che ho notato sono le difficoltà di portare la street art in un contesto da museo. […] Un museo non può commissionare della street art. Possono commissionare arte pubblica da parte di artisti di strada, il che è diverso. […] 

Blu ha detto di essere stato censurato. Rispetto Blu per non essersi inchinato alle preoccupazioni di lavorare per un museo, e di non essersi “auto-censurato”: ma l'arte pubblica comprende proprio ciò che Blu chiamerebbe “auto-censura”. […] 

Era una decisione difficile ma senz'altro nei diritti di un curatore e direttore di museo. Non è stata la decisione che speravo, e dubito fortemente che anche Deitch ne sia stato felice, ma può essere stata la mossa giusta per l'esibizione e – cosa più importante – per il museo in quanto tale. 
E conclude, saggiamente: 

Non importa quanto ci proviamo o quanto speriamo che non sia vero: le istituzioni non sono le strade.


Già. La sensazione è quella di trovarsi in una di quelle 
situazioni davvero limite, dove collidono elementi quali la libertà d'espressione, l'arte di strada, il politically correct che ogni situazione museale impone, e la tipica angoscia americana per chi sfiora la bandiera a stelle e strisce. Le buone ragioni di Deitch e le buone ragioni di Blu non sono soltanto contrapposte, ma probabilmente irriducibili: è quello che succede quando il mainstream vuole farsi un po' underground, e l'underground essere legittimato dal mainstream. 

A conti fatti, resta 
solo un po' d'invidia per quei fortunati che, per un giorno soltanto, sono riusciti a godersi il panorama di bare di Blu – qualunque cosa significhi, censura o meno, dibattiti sull'arte o meno.