martedì 18 gennaio 2011

Remed


Remed ha scoperto l’arte della pittura in uno studio a Lille,  in Francia, sin da subito è affascinato dall’Art Nouveau e dai pattern grafici anni ’70. Lo studio gli è stato sempre un po’ stretto, sarà per questo motivo che ha cominciato ad interagire con il mondo circostante dipingendo per le strade di Lille, che lui descrive come tracce e banco di prova per le sue idee. Remed oggi viaggia in giro per il mondo lasciando le tracce delle sue idee in ambienti e superfici sempre i diversi,  continuando a lavorare su tela e con le sculture, mescolando insieme testi ed immagini così da esprimere qualcosa di più delle semplici parole e delle semplici immagini.
Compongo rime con i colori, con le forme e con i suoni per esprimere un sentimento, l’evoluzione di un pensiero, dove il tema ricorrente è l’evasione, l’infinito e la rinascita“. [Remed]

mercoledì 12 gennaio 2011

SGRABI, l'assessore alla Cultura del Comune di Milano..

Che quella dei writers fosse arte, lo  si è detto a più riprese  e da più parti. Ma che a sostenerlo fosse nientemeno che l’assessore alla Cultura del Comune di Milano, non era lecito sperarlo. Vittorio Sgarbi, si sa, ama sorprendere. Non è nuovo a uscite fulminanti, controcorrente. Nel torto e nella ragione, è uno che dice quello che pensa.
Sgarbi va al Leoncavallo  e scaglia il sasso nello stagno. “I graffiti sono la Cappella Sistina della contemporaneità” ha affermato mentre si aggirava in via Watteau in compagnia di Daniele Farina e Atomo Tinelli, rispettivamente leader e writer storico del centro sociale. Il re del gusto Giorgio Armani è servito. Lui, che da Londra nei giorni aveva augurato galera dura per i giovani artisti della bomboletta suscitando il plauso dei benpensanti.
Il critico d’arte ed ex tombeur des femmes non ha  invece gradito l’intrusione buonista. E come ogni purosangue, si è imbizzarrrito allavista dellle briglie. Sdoganando  di fatto la street art. ”Fra 30 anni, sarà qualcosa di simile almovimento futurista -  spiega l’assessore – Ci sono artisti di qualità. Ma non li vedete questi palazzi di m…” critica, con  la fermezza che l'ha reso famoso. 
Naturale attendersi reazioni scomposte. 
 Vittorio Sgarbi chiede che i muri siano vincolati dalle Belle Arti, che diventino un percorso obbligato della Milano contemporanea, che siano catalogati e pubblicati in un volume del Comune. Afferma: L’illegalità? «Non mi interessa. A me interessa il risultato estetico. Sarebbe gravissimo cancellare un documento così peculiare della creatività dei nostri tempi».


Sgarbi nel 2008 curò una mostra di Street Art, http://www.leomontemanni.com/?p=22.

martedì 11 gennaio 2011

ESPO-Exterior Surface Painting Outreach-



Steve Power è un artista newyorkese meglio conosciuto con il nome di ESPO (Exterior Surface Painting Outreach), attivo e famoso già dagli anni novanta per le sue opere murarie che potremmo banalmente definire graffiti. La caratteristica di Steve è che a differenza dei suoi “colleghi”  realizzava i suoi lavori su ponti, muri ed inferriate, assolutamente non commissionati da nessuno, alla luce del giorno come se stesse lavorando su preciso incarico di un non bene identificato cliente. La cosa ancora più interessante è che lo stile grafico e pittorico usato da Steve non ha nulla a che vedere con il tagging, il wildstyle o roba del genere, i suoi lavori usano una forma ed una chiave stilistica che li confonde con il linguaggio pubblicitario, per cui spesso e volentieri chi si imbatteva in Steve al lavoro non pensava minimamente che si trattasse del solito “vandalo” in azione.




Tantè che nel 1999 durante una delle sue sessioni lavorative, mentre era impegnato a dipingere una delle tante cancellate,  Steve viene avvicinato da un giornalista del New York Time che gli chiede cosa stesse facendo, lui con molta tranquillità risponde: ” sono un promotore della pittura su superfici esterne e sto ripulendo questo cancello“. Il fatto è che Steve considerava la sua arte come un servizio per la comunità e per questa ragione si sentiva in diritto di operare tranquillamente ed alla luce del sole, in alternativa potremmo dire che insomma faceva “il fesso per non andare in guerra”. Dopo il 2000 cessa la sua attività di graffitaro sui generis per entrare nel mondo dell’arte ufficiale, apre così un suo studio e comincia ad esporre in giro per il mondo e questa volta su svariate e danarose commissioni.





giovedì 6 gennaio 2011

L’arte è nella mònnezza e viceversa


Nel 2008 l’artista Adrian Kondratowicz con base a New York dà il via a questo suo progetto d’arte pubblica chiamato “TRASH: anycoloryoulike“, dice lui, per l’abbellimento degli spazi urbani e per la sensibilizzazione verso le questioni ambientali. Il progetto consiste nella diffusione di sacchetti della spazzatura, disegnati dallo stesso artista, in vari quartieri della città di New York che nel giro di pochi giorni hanno trasformato brutte e maleodoranti pile di spazzatura in vivaci sculture colorate grazie al coinvolgimento dei cittadini chiamati a sostituire i tradizionali sacchetti neri con quelli offerti dall’artista. Ma la cosa non finisce qua.
Quello del sacchetto dell’immondizia glam sta diventando un vero e proprio business, Adrian Kondratowicz sarà sicuramente un creativo ma ha ben chiaro il senso degli affari ed ha pertanto attivato la produzione e la vendita in serie dei suoi sacchetti “firmati” di cui sta sfornando progressivamente nuove collezioni.  Ora l’intuizione non sta tanto nell’aver pensato ad un sacchetto “griffato” ma nell’aver anticipato cosa potesse accadere una volta che questi sacchetti fossero arrivati nelle case della gente comune. L’opera d’arte infatti nasce come atto spontaneo compiuto sistematicamente e quotidianamente da centinaia di persone abituate a portare fuori casa i sacchetti della spazzatura. Tornando a Napoli ed alla sua annosa questione rifiuti, come si fa a non immaginare quale spettacolo sarebbe potuto venire fuori se le migliaia di tonnellate di spazzatura accumulate in queste ultime settimane fossero state meticolosamente avvolte in questi sacchetti colorati?

Sarebbe stato bello se quest'idea fosse stata partorita da un mente partenopea di cui tanto declamiamo le lodi per l’infinito estro e creatività. La verità è che Napoli, proprio ora che i cumuli di spazzatura avevano raggiunto il loro massimo splendore, per quantità accumulata si intende, si è lasciata sfuggire una grande occasione, quella di poter diventare la sede naturale della più grande installazione d’arte contemporanea mai realizzata al mondo.

lunedì 3 gennaio 2011

La galleria d'arte segreta




Tutti ne parlano, in particolare dopo un articolo apparso sul New York Times, ma in pochi sono riusciti a vederla se non in alcune immagini, circolate sul web. Si tratta di una galleria d'arte segreta, un museo fantasma nato in un'ex stazione della metropolitana di New York ora abbandonata. Qui ormai dal 2008 va avanti la realizzazione dell'Underbelly Art Projet, un progetto di arte urbana che ha coinvolto oltre cento tra i migliori street artist tra i quali anche alcuni nomi illustri come Ron English, Swoon e Revok. Nell'intenzione dei curatori, PAC e Workhorse, la galleria dovrebbe rimanere segreta e per questo le scale e gli strumenti utilizzati per raggiungerla vengono di volta in volta fatti sparire per non consentire l'accesso. Intanto la febbre dei curiosi sale e recentemente sei persone sono state arrestate mentre cercavano di localizzare il sito.






giovedì 30 dicembre 2010

Street art o vandalismo?

Londra, Parigi, Lisbona, tre capitali europee molto differenti per cultura, storia e temperamento, ma tutte incredibilmente immuni da quel fenomeno che, invece, sembra spadroneggiare incontrastato nelle nostre città, riempiendo di scritte e graffiti i muri di edifici pubblici e privati, i bordi dei cavalcavia, le carrozze di treni e metropolitane: street art, così lo chiamano i loro autori.


A mio avviso occorre distinguere la vera street art dal semplice imbrattamento di muri e facciate con scritte e disegni di dubbio gusto artistico. La street art, come movimento artistico spontaneo, particolarmente diffuso in Inghilterra, Spagna e Italia, affonda le sue motivazioni iniziali nella ricerca della sovversione, nella volontà di esprimere una critica all'arte tradizionale o addirittura, per alcuni writers, nel tentativo di abolire la proprietà privata con l'uso personale di luoghi pubblici, come strade e piazze. Altri, più semplicemente, vedono i muri e le strade delle città come un posto in cui poter esporre le proprie creazioni ed esprimere la propria arte, offrendola ad un pubblico più vasto di quello delle tradizionali gallerie d'arte. Ma la libertà di espressione artistica non può spingersi fino al punto di sacrificare la libertà e il diritto di ogni cittadino a non vedere deturpate con scritte e murales luoghi e beni pubblici e privati. All'estero, è vero, vi è maggior rigore e attenzione nella difesa del patrimonio pubblico, una difesa che coinvolge direttamente ciascun cittadino, che spesso collabora con le autorità di polizia segnalando e denunciando gli abusi, una collaborazione che purtroppo è ancora scarsa in Italia.


Io personalmente considero la street art come il movimento di arte più importante a cavallo di questi due secoli.



Ogni writer, indipendentemente da dove proviene, ricerca e studia la propria evoluzione personale, per raggiungere un certo stile, così da distinguersi dagli altri ed essere maggiormente notato.
L'obiettivo che ogni writer si propone è raggiungere una certa 
famaall'interno del mondo dei graffiti, e far conoscere il proprio nome a chiunque; per questo è di fondamentale importanza la visibilità delle opere, ottenuta spesso grazie alla imponente presenza di tag(firme).
Oltre alla fama vi è un altro elemento: la soddisfazione personale di vedere la propria opera in un contesto urbano, al di fuori dagli schemi che il sistema impone.

La tag è lo pseudonimo di ogni graffitista, una specie di alter-ego. La tag viene scelta dal writer , partendo, per esempio, da giochi di parole, o semplicemente scegliendo la parola che più lo rappresenta.
La tag corrisponde quindi in tutto e per tutto ad una firma.

Con la tag ogni writer segna la propria zona, la zona in cui lui realizzerà le proprie opere, così che gli altri writer non possano "portargliela via".

Da quando esistono i graffiti i pensieri si dividono tra chi vuole che la città resti pulita da ogni tipo di scritta e tra chi invece ha reso disponibili zone urbane, così che i graffitari possano esprimere la propria arte.
Per esempio ci sono comuni che organizzano manifestazioni e rendono disponibili spazi per realizzare le loro opere, che in alcuni casi non possono non essere considerati opere d'arte vere e proprie.



La Street Art è il nome dato dai media per comprendere quelle forme di arti che si manifestano in luoghi pubblici.
Ogni artista che pratica Street Art ha delle motivazioni personali, che possono essere varie. Alcuni la praticano come forma di sovversione, critica o come tentativo di abolire la proprietà privata, rivendicando le strade e le piazze; altri invece vedono le città come un posto in cui poter esprimere le proprie emozioni ed esperienze, la propria arte attraverso le loro creazioni. La Street Art infatti vanta un pubblico vastissimo, spesso più ampio di quello di una tradizionale galleria d'arte.

lunedì 27 dicembre 2010

Illusioni Ottiche di Julian Beever


Julian Beever  è un artista britannico.
Beever crea disegni trompe-l'œil con il gesso su pavimenti e marciapiedi dalla metà degli anni novanta. Le sue opere vengono create utilizzando una proiezione chiamata anamorfosi per creare l'illusione tridimensionale quando viene visto da una determinata angolazione. È soprannominato Pavement Picasso.
In Italia potrebbe essere definito un madonnaro anche se risulta veramente difficile accostarlo all'arte dei madonnari tradizionali.



L’immagine riesce a creare una discordanza tra la prospettiva dell’ambiente e quella apparente dell’opera ingannando la percezione del nostro occhio.
Queste pitture hanno la capacità di riuscire a sorprendere ogni volta che le si guarda.






giovedì 23 dicembre 2010

Banksy, genio o vandalo?

Gli Street Artists sono sempre stati colpevolizzati di essere lo specchio del declino della società moderna avendo per la gente una sola funzione, quella di imbrattare strade e muri.
Per questa ragione Banksy decise di non aspettare che il mondo dell’arte lo scoprisse, e portò i suoi lavori direttamente da lui. Nel 2003 infatti, si infiltrò come un comune visitatore al British Museum di Londra e appese ai muri, tra i capolavori dell’arte, alcune delle sue creazioni, fra le guardie distratte e visitatori perplessi. Attirò su di se l’attenzione dei media in un colpo solo, e fu l’inizio del suo successo.




La stampa e i giornali cominciarono a conoscerlo. Il pubblico lo amò; anche perchè non serve una profonda conoscenza dell’arte dei writing per capire Banksy, lui comunica in silenzio attraverso il media popolare per eccellenza: il muro.
Il suo vero nome non è noto (Banksy è ovviamente uno pseudonimo), ma i suoi lavori sono di certo la sua firma inconfondibile. Tra le sue famose vandalizzazioni c’è una cabina del telefono, presa dalle strade di Londra, tagliata, spezzata e lavorata in studio e ricollocata nella City. Guardata per giorni con sospetto dagli inglesi, l’atto vandalico fu venduto all’asta da Sotheby’s per quasi mezzo milione di sterline.
Banksy lavora soprattutto con gli Stencils, che crea nel suo studio e che riproduce nei muri delle città, da Londra a New York. Agisce nel silenzio della notte per far apparire col sorgere del sole un nuovo atto di protesta, un poliziotto che perquisisce una bambina o ragazzini che giocano a palla con un cartello di divieto dell’uso dei palloni; tutte critiche sia all’Inghilterra schiava della CCTV (servizio di sorveglianza) che alle false icone, alla polizia, alla sudditanza e a tutto quello che ai giorni nostri non fa usare più la propria iniziativa.

Fu lui a vandalizzare la statua di Boudicca, sempre a Londra, mettendo delle finte ganasce alle ruote della carrozza, multando cosi la statua per parcheggio abusivo, (nota dolente per gli inglesi che approvarono il gesto).
Nella mostra del 2009 a Bristol ha raccolto tutta la sua vena critica verso la società: ha fatto stampare un milione di sterline in pezzi da £10 con l’immagine di Lady Diana al posto della regina sconvolgendo la folla e ha scioccato con l’installazione dei chicken Mc Nuggets in un’aia, o i pesciolini nella vasca come dei bastoncini di pesce, in un mondo dove i bambini non hanno più contatto con i cuccioli ma tanta con i fast food.



lunedì 20 dicembre 2010

Raul Zito e i bambini brasiliani



Un altro interessante personaggio della scena artistica “urbana” contemporanea che si è fatto notare ultimamente grazie ai suoi lavori fotografici riprodotti su grande scala e poi incollati sulle facciate di svariati muri, palazzi e  ruderi di vario genere. Stò parlando di Raul Zito, aritsta Brasiliano.L’effetto scenico e la carica emotiva dei suoi lavori non sono niente male e l’aver concentrato la sua attenzione sui bambini che affollano i quartieri delle grandi città brasiliane non lascia l’osservatore totalmente indifferente, al contrario, il sorriso a trentadue denti di questi ragazzetti che sembrano divertirsi nonostante non appartengano alle classi agiate della società è qualcosa che fa riflettere.